Per dare una speranza di cura ai malati rari e ultrarari per la cui patologia non esiste ancora una terapia, è fondamentale investire nella ricerca in un ambiente che incentivi le aziende operanti in questo settore nello sviluppo di nuove terapie. Le prime norme sui farmaci orfani sono state introdotte negli Stati Uniti nel 1983, con l’emanazione dell’Orphan Drug Act, con cui per la prima volta si è presa coscienza della necessità di formulare una legge in materia. Nel 1999, l’Unione Europea ha adottato il Regolamento CE 141/2000 e, successivamente, il Regolamento CE 847/2000.
Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza non supera una determinata soglia: nell’Unione Europea un caso su 2.000 abitanti. Molte patologie sono però molto più rare, arrivando talvolta ad una frequenza di un caso su un milione di persone. Oggi, certamente anche grazie alle facilitazioni per le aziende che sviluppano farmaci orfani, si è potuto arrivare ad un risultato significativo con oltre 200 patologie rare, che hanno trovato un’opportunità terapeutica. I margini di miglioramento sono però ancora importanti, visto che oltre 6.500 malattie rare rimangono in attesa di un trattamento. I pazienti colpiti da malattie rare, gravi, fortemente invalidanti o che possono mettere in pericolo la loro vita, devono essere tutelati garantendo loro un tempestivo accesso a farmaci che hanno un'elevata valenza terapeutica e che rappresentano l’unica concreta possibilità di trattamento.
Il 2021 è stato un anno molto importante per i malati rari, con una risoluzione ONU che riconosce i loro diritti fondamentali, l’approvazione in Italia del Testo Unico Malattie Rare e il riconoscimento di misure fondamentali per l’accesso alle terapie in modo omogeneo in tempi rapidi e su tutto il territorio nazionale. Tutti risultati importanti e lungamente attesi dall’intera comunità dei malati rari.
In occasione della Giornata Mondiale, l’Osservatorio Malattie Rare ha intervistato Fulvia Filippini e Anna Chiara Rossi, co-coordinatrici del Gruppo di Lavoro Malattie Rare e Farmaci Orfani di Federchimica Assobiotec per approfondire le principali richieste che il settore biotech sta portando avanti nei confronti delle Istituzioni.
Come Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che rappresenta anche l’industria del bio-farmaco in Italia, come giudicate le ultime misure adottate?
“L’approvazione del Testo Unico e della norma che prevede l’inserimento dei farmaci per malattie rare nei prontuari locali è certamente una tappa molto importante, che anche l’industria attendeva da tempo”, commenta Fulvia Filippini. “Il Testo opera uno storico passo in avanti per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani. Ma non è un punto d’arrivo. Ora è importante che quanto previsto dalla normativa venga attuato. Dal nostro osservatorio i punti sui quali è strategico focalizzare fin da subito l’attenzione sono: il rapido aggiornamento dei LEA; l’accesso omogeneo su tutto il territorio nazionale; una veloce approvazione del Piano Nazionale per le Malattie Rare, scaduto nel 2016 e ancora in attesa di rinnovo; un coinvolgimento presso tutte le sedi istituzionali delle associazioni industriali di settore come portatori di interessi. Così come proseguire con la politica degli incentivi in tema di ricerca per le malattie rare, procedere con l’aggiornamento del panel degli screening neonatali e confermare la possibilità per i pazienti di poter continuare ad usufruire dell’home therapy.
Un tema, quello della terapia domiciliare, di grande attualità se si considera la fine dello stato di emergenza pandemica a partire dal prossimo 31 marzo.
“Esattamente”, conferma Anna Chiara Rossi. “Con la Determinazione del 30 marzo 2020, AIFA aveva allargato l’accesso all’home infusion in considerazione dell’emergenza sanitaria legata al COVID-19 e riconoscendo la fragilità delle persone con malattia rara e il rischio che avrebbero corso di non poter continuare le terapie salvavita. Una decisione che ha portato, in questi mesi, tanti indiscutibili vantaggi per i pazienti, che hanno potuto continuare i trattamenti in un ambiente familiare senza perdere giornate di lavoro, scegliendo il giorno del trattamento, avendo garantito il diritto di riservatezza sulla condizione patologica e senza doversi recare in ospedale, dove pazienti nelle loro condizioni rischiaravano gravi rischi. Vantaggi che ora, in prossimità della fine dello stato di emergenza sanitaria, i malati rari rischiano di perdere. Dovrebbe invece essere l’occasione per raccogliere tutte le buone esperienze sperimentate durante la pandemia e continuare a dargli prosecuzione. È naturale auspicare, per il bene dei pazienti rari, che si arrivi a una conferma della possibilità di erogare le terapie a domicilio e siamo pronti a chiedere ai decisori pubblici la massima attenzione su un aspetto così cruciale per la qualità della vita di tanti pazienti rari. Non tutti hanno la possibilità di potersi curare a due passi da casa e non tutti possono permettersi, senza un aiuto esterno, di percorrere a volte anche cento chilometri per sottoporsi a un ciclo di cure.
Il settore biotech dell’industria farmaceutica è quotidianamente al fianco dei pazienti e degli operatori sanitari nella cura e nel trattamento delle malattie rare, lo dimostrano gli ultimi 20 anni di impegno nello sviluppare farmaci innovativi che spesso hanno rappresentato la prima vera cura per alcune patologie rare grazie anche a una normativa europea che ha saputo incentivare investimenti e sviluppo in questo ambito. A proposito di regolamento comunitario, tra gli operatori del sistema europeo c’è oggi il timore che possa essere smantellato un sistema che ha contribuito a mitigare diverse barriere allo sviluppo di nuovi trattamenti. Quale, secondo voi, la strada da seguire?
“É essenziale partire da un dato incontrovertibile: l’attuale normativa europea sui farmaci orfani è forse uno dei migliori esempi di costruzione di un ambiente di regole che ha consentito, a chi ha deciso di dedicarsi alla ricerca di una soluzione per il trattamento delle malattie rare, di poter portare a molte persone affette da malattia rara una prima e vera soluzione terapeutica. Per questa ragione è naturale chiedersi perché cambiare qualcosa che ha così egregiamente funzionato”, continua Anna Chiara Rossi. “Il rischio da evitare è che lo spazio delle malattie rare perda la sua specificità. Oggi la vera sfida, a livello europeo, è rappresentata dalla capacità di garantire a tutti i cittadini europei affetti da malattia rara il più ampio accesso ai trattamenti disponibili in tutti i Paesi membri in ossequio al principio di equità, anche all’interno di ogni singolo Paese membro dell’Unione Europea. Sono passati 22 anni da quando in Europa, per la prima volta, è stato disciplinato il settore dei farmaci per le malattie rare. Il Regolamento ha guidato con successo lo sviluppo di farmaci e ha permesso di avere una pipeline promettente. Oggi, le barriere si trovano nel lancio dei nuovi trattamenti. È necessario, allora, fornire condizioni adeguate che possono essere ottenute attraverso la collaborazione con tutte le parti interessate, comprese le autorità degli Stati membri e dei pagatori. In questo contesto la flessibilità è essenziale per adattarsi alle sfide specifiche delle malattie rare e per riuscire a portare rapidamente il prodotto sul mercato. La speranza è che vengano introdotti meccanismi di HTA capaci di agevolare una visione strategica complessiva del sistema che favorisca l’impegno dell’industria a trovare soluzioni terapeutiche nuove e a valore aggiunto. Esiste un importante e prezioso lavoro di valutazione tecnico-scientifica e di valutazione di impatto economico portato avanti dalle agenzie nazionali che, se non debitamente riconosciuto, regolato e incentivato in sede europea, potrebbe portare le imprese a non identificare alcuni mercati come di interesse. Inoltre, l’Italia ha l’occasione di farsi portatrice di una best practice nei confronti dei partner europei se sarà in grado di dare piena attuazione alla nuova legge sulle malattie rare appena approvata: è infatti fondamentale che la disponibilità dei farmaci orfani per la cura delle malattie rare sul territorio nazionale sia elemento compreso nei LEA, insieme alle relative condizioni in termini di tempi ed equità fra le diverse regioni e verso gli altri Paesi europei”.
Assobiotec ha proprio in questi giorni pubblicato un nuovo documento di posizione su malattie rare e farmaci orfani. Quali le priorità e i principali nodi da sciogliere per portare rapidamente il farmaco al letto del paziente?
“Il nuovo position paper si concentra su 4 aspetti prioritari, non solo per l’industria ma anche per pazienti e i caregiver. Assobiotec auspica, come abbiamo già ricordato nei punti precedenti: un accesso omogeneo e tempestivo alle terapie su tutto il territorio nazionale e l’approvazione del nuovo Piano Nazionale Malattie Rare; l’immediata e piena attuazione della normativa per l’aggiornamento del panel degli screening neonatali; il mantenimento della legislazione incentivante lo sviluppo e la tutela dei farmaci orfani e, infine, un quadro normativo chiaro che permetta l’utilizzo dell’home therapy e l’adozione di modelli di home delivery su tutto il territorio nazionale. Per ognuno di questi punti, il nuovo position paper propone suggerimenti di policy e auspica rapide decisioni. Il Gruppo sta inoltre lavorando su un’analisi delle opportunità offerte dal PNRR al settore biotech dell’industria farmaceutica: un nuovo capitolo del documento di posizione che verrà pubblicato nelle prossime settimane”, conclude Fulvia Filippini.