Grande partecipazione alla presentazione del 16° Rapporto Sanità, realizzato da C.R.E.A. Sanità e a cura di Federico Spandonaro, Daniela d’Angela, Barbara Polistena. Il progetto si basa sulla convinzione della necessità di supportare le decisioni in tema di politiche socio-sanitarie fornendo elementi di riflessione sull’andamento e sulle tendenze in atto in Italia e in Europa, basate su evidenze scientifiche quantificabili. L’importante pubblicazione è il risultato di una partnership fra il Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità) e alcune Aziende sensibili alla importanza della ricerca a supporto del dibattito sulle politiche sanitarie.
Il Rapporto, inoltre, esamina elementi che possano supportare la valutazione delle Performance del sistema sanitario italiano a livello regionale, per cui si rivolge anche ai cittadini e alle loro associazioni, al mondo industriale e, più in generale, a tutti gli stakeholder del sistema sanitario.
“L’emergenza COVID-19 – spiegano gli autori - ha inevitabilmente creato consapevolezza su alcuni pregi, ma anche su alcuni significativi limiti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): limiti, peraltro, noti da tempo e persistenti a causa del fallimento di alcune azioni rimaste meramente sulla carta, quale quella del potenziamento dell’assistenza primaria. Non si può pensare che l’inerzia delle politiche sanitarie sia casuale: è, piuttosto, ascrivibile ad una mancanza di vision; ed in mancanza di visione prospettica si determina il rischio di rimanere sempre schiavi di una gestione del settore sanitario in “continua emergenza”, con costi economici e umani che si sono dimostrati significativi. Il momento, per il SSN italiano, è topico; prima di tutto per effetto del probabile arrivo di ingenti risorse: senza una chiara progettualità, e un adeguato orizzonte temporale, il rischio immediato e concreto è quello di sprecare le risorse in investimenti inutili; e, in definitiva, di provocare il “suicidio” del SSN”.
“Non possiamo permetterci di commettere l’errore di investire per manutenere l’esistente o tentare di recuperare ritardi su politiche ormai obsolete alla luce della dirompente innovazione che caratterizza il settore – proseguono – E’ necessario creare le condizioni per la transizione verso un nuovo e innovativo modello di servizio sanitario: un modello che risulti efficacie ed efficiente anche fra 10 o più anni. Non si può neppure equivocare sul significato del termine investimento; un mero impegno di risorse in conto capitale non rappresenta di per sé un reale “investimento”; un investimento è tale se permette di sviluppare progettualità capaci di generare un “rendimento” al SSN, e a tutto il sistema Paese: in termini di salute, produttività ed efficienza; il “rendimento” è, altresì, condizione necessaria affinché il debito che si creerà possa essere onorato in futuro senza gravare ulteriormente sulle prossime generazioni. Per investire in modo oculato è, allora, necessario avere una vision ben strutturata, che può definirsi solo con un apporto corale di idee, abbandonando un diffuso conformismo che si nasconde dietro slogan a volte ondivaghi e spesso non supportati da evidenza scientifica; ci vuole anche piena consapevolezza sul fatto che la programmazione delle azioni deve essere “ancorata” alla vision di sistema”.
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