Tra le possibili soluzioni l’adozione di procedure di Health Tecnology Assessment comuni tra i diversi Stati Membri
Il Regolamento europeo n. 141/2000, concernente i farmaci orfani, ha stimolato con successo la ricerca e lo sviluppo di terapie per le malattie rare, portando a un aumento sostanziale di designazioni orfane e di trattamenti autorizzati in Europa. Tuttavia, nonostante i progressi, le politiche di accesso a queste terapie nei differenti Stati Membri sono ancora molto diverse tra loro. È proprio questo il punto di partenza dell’analisi contenuta in un articolo, recentemente pubblicato sulla rivista Expert Review of Pharmacoeconomics & Outcomes Research, che fornisce una panoramica europea delle attuali condizioni di accesso dei pazienti ai farmaci per malattie rare, oltre a suggerire una serie di iniziative che possano favorire un accesso più rapido e omogeneo ai farmaci orfani nell’Unione Europea.
Le malattie rare, per definizione, sono condizioni che colpiscono meno di 5 persone ogni 10.000 e non tutte queste patologie (tra le 6.000 e le 7.000 quelle attualmente identificate) dispongono di alternativa terapeutica. Questo perché lo sviluppo di un farmaco orfano segue un processo lungo e impegnativo, caratterizzato da un alto livello di incertezza. A questo proposito, solo il 6,2% di queste terapie riescono a concludere con esito favorevole il processo di sperimentazione e ad essere immesse, di conseguenza, sul mercato.
Grazie agli incentivi introdotti dal Regolamento europeo sui farmaci orfani, lo scenario relativo allo sviluppo di trattamenti per le malattie rare è profondamente mutato: il numero di terapie esistenti prima dell’istituzione del Regolamento era compreso tra 15 e 70; a partire dal 2000, invece, sono state emesse dalla Commissione Europea circa 2.382 designazioni orfane, per un totale di 190 medicinali autorizzati, favorendo così l’interesse e il coinvolgimento di numerose aziende farmaceutiche e biotecnologiche nella ricerca e nello sviluppo di farmaci per malattie rare.
Ciascuno Stato Membro, sulla base del Regolamento sui farmaci orfani, ha poi adottato politiche nazionali specifiche volte ad implementare la propria normativa interna al fine migliorare e accelerare l’accesso dei pazienti alle terapie. A questo proposito, alcuni Paesi europei hanno stabilito regole più flessibili circa la valutazione del beneficio dei farmaci orfani; altre, invece, hanno previsto dei percorsi di accesso anticipato ai farmaci prima della loro commercializzazione.
In Italia, oltre ai programmi di accesso precoce, quali la legge n. 648/1996, la legge n. 326/2003 e il D.M. 7 settembre 2017, sono state adottate regole che consentono la presentazione del dossier di prezzo e rimborso di un farmaco immediatamente a seguito del parere favorevole espresso dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA); inoltre, è previsto un termine massimo per l’intera procedura, da parte dell’autorità regolatoria, pari a 100 giorni. Nonostante il buon proposito individuato dal legislatore, questa tempistica, stando agli ultimi dati prodotti da OSSFOR (Osservatorio Farmaci Orfani), non è ancora pienamente rispettato; secondo i dati raccolti nel corso degli anni 2019/2020, il processo di negoziazione dura in media 174 giorni, determinando un miglioramento rispetto agli anni precedenti (319 giorni tra il 2017/2018) ma non ancora soddisfacente se consideriamo la gravità e il veloce decorso di molte patologie rare.
Nonostante i numerosi passi in avanti, il processo di autorizzazione centralizzato e gli incentivi previsti dal Regolamento Europeo sui farmaci orfani non garantiscono un equo e tempestivo accesso a questi medicinali da parte dei pazienti. Infatti, l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’EMA non corrisponde all’effettiva disponibilità della terapia per i pazienti, poiché le decisioni relative al prezzo e alla rimborsabilità, e quindi all’accesso alle tecnologie sanitarie, sono prerogativa di ciascuno Stato Membro. Come evidenziato dall’articolo sopra citato, a parte la Germania, dove il rimborso è automatico durante il primo anno dopo l’ingresso sul mercato e dunque concesso a tutti i medicinali a seguito dell’approvazione stabilita dall’EMA, in Paesi come Italia e Francia il tempo minimo impiegato per una decisione di rimborso relativa ai farmaci orfani è pari, in media, a 18,6 e 19,5 mesi rispettivamente.
Secondo i dati riportati nel Rapporto EFPIA “Patients W.A.I.T. Indicator 2020 Survey”, la disponibilità media europea per i farmaci orfani è inferiore dell'8% rispetto a tutti gli altri prodotti approvati e il tempo medio per la disponibilità è di 5 mesi più lento. Inoltre il tempo che intercorre tra l'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dall’EMA e l’effettiva disponibilità di farmaci orfani per i pazienti può variare, nei diversi Paesi, da 3,5 mesi a 3,6 anni.
I ritardi nell’accesso alle terapie e la mancanza di terapie disponibili per il 95% delle malattie rare, hanno portato la Commissione Europea ad aprire due diverse consultazioni pubbliche per individuare i punti di forza e di criticità del Regolamento europeo sui farmaci orfani, al fine di valutare la necessità di un’eventuale revisione della normativa. Le ragioni alla base delle differenze di accesso tra Stati Membri identificate dalla Commissione sono diverse e includono, tra le altre, i diversi sistemi di definizione di prezzo e rimborso in uso presso i vari Paesi dell’Unione. Gran parte delle criticità attualmente riscontrate in tema di ritardi nell’accesso dei pazienti alle terapie potrebbero pertanto essere risolte avviando un processo di armonizzazione delle metodologie di Health Tecnology Assessment (HTA), per la valutazione dei farmaci ai fini della definizione di prezzo e rimborso.
A questo proposito, nel 2018, la Commissione Europea ha elaborato una proposta legislativa, il Regolamento sull’HTA, con l’obiettivo di fornire una base giuridica per una cooperazione permanente in UE in materia di HTA. L’utilizzo di metodologie e procedure comuni e la collaborazione tra più Stati Membri consentirebbero di evitare discrepanze e duplicazioni delle diverse valutazioni.
Tra gli esempi di cooperazione tra Stati europei c’è l’iniziativa Beneluxa, costituita nel 2015, attraverso la quale alcuni Paesi come il Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Austria e Irlanda hanno condotto studi di HTA e negoziazioni sul prezzo di farmaci orfani in maniera congiunta. Altri esempi sono la Valletta, un’alleanza degli Stati Membri del sud dell’Europa, e FINOSE, una collaborazione in tema HTA tra i Paesi del Nord Europa. Non è ancora chiaro, però, se queste iniziative serviranno realmente ad accelerare l’accesso a nuove terapie innovative, riducendo duplicazioni tra i diversi processi negoziali per la definizione di prezzo e rimborso condotti a livello nazionale.
Nonostante lo sviluppo di nuove terapie abbia avuto significativi effetti sulla vita dei pazienti, migliorandone la qualità di vita e, in alcuni casi, cambiando del tutto il corso della patologia, rimane aperto il tema dei costi legati a questi farmaci e della loro sostenibilità da parte dei servizi sanitari nazionali. Secondo le stime, nel 2022, la percentuale di prescrizioni di farmaci orfani sarà indicativamente il 21,4% delle prescrizioni di tutti i farmaci “di marca” (branded), contro il 6% del 2020. Dinanzi a questa situazione, cresce l’esigenza di individuare accordi negoziali tra le aziende e le autorità di prezzo e rimborso in grado di trovare un equilibrio tra la sostenibilità e un rapido accesso a nuovi farmaci orfani, tenendo anche conto delle inevitabili incertezze cliniche che persistono al momento dell’autorizzazione EMA di un farmaco orfano, principalmente legate al numero esiguo di pazienti arruolati negli studi clinici.
Inoltre, l’articolo in questione sottolinea l’importanza di generare evidenze sull’epidemiologia e sulla storia naturale di malattie rare e ultra-rare tramite i Registri. Attualmente la raccolta di questo tipo di dati risulta essere piuttosto frammentaria: esistono diversi Registri in tutta Europa, a livello nazionale, regionale e locale, che non consentono una messa a sistema dei dati e, dunque, una diffusa e rapida circolazione di informazioni. Per questa ragione, la Commissione Europea ha istituito l’UE Rare Disease Platform, che mira a consentire l’interoperatività degli oltre 700 registri esistenti sulla base della classificazione utilizzata da Orphanet.
In conclusione, gli autori dell’articolo identificano una serie di possibili iniziative da implementare in diverse fasi del ciclo vitale di un farmaco orfano (dalla fase di sviluppo clinico a quella successiva all’immissione in commercio) utili a migliorare il quadro attuale a livello europeo, sottolineando la necessità di preservare un ecosistema che incentivi la ricerca e lo sviluppo di farmaci innovativi per le malattie rare in UE e l’importanza strategica di una collaborazione efficace tra industria, accademia, istituzioni e, in particolare, i pazienti stessi.
di Roberta Venturi